Guglielmo Lepre

(nick GRUPSOM - C.te ETNA)

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LA MARINA MERCANTILE GIAPPONESE
IN GUERRA

di CLC Guglielmo LEPRE "Etna"

Non c'è guerra che non abbia dimostrato la vitale importanza di possedere una flotta mercantile ben organizzata,efficiente e possibilmente moderna.
Abbiamo già trattato il tema mercantile più volte,soffermandoci in particolare su
quella italiana e tedesca dando altresì rilievo ai cosiddetti "violatori di blocco" , e fra questi, i Raiders della Marina Imperiale Giapponese.
Nelle pagine  seguenti tratteremo l'argomento in epigrafe  afferente ad un periodo ben preciso, vale a dire agli anni del drammatico II conflitto mondiale.

Al termine della guerra,quando ormai i venti procellosi s'erano abbonacciati,sia da parte dei militari sia da parte degli storici, prese il via , more solito ,  una sorta di esegesi volta a  dare luce e risposte sull'intero periodo bellico nipponico.
Non fu opera agevole dacchè la mentalità e la cultura giapponese era avulsa dal trovare analoghi riscontri in altre nazioni : a titolo meramente indicativo , la dottrina militare
nipponica era incentrata prevalentemente sull'offensivismo tralasciando significativamente il concetto di difesa ,riducendolo ad un fatto circostanziale,non previsto, e comunque affrontabile nell'ottica degli antichi Samurai che non avevano in gran conto il valore della vita umana,o meglio , ne davano un valore totalmente diverso dalle culture occidentali e d'oltremare.
Ogni sforzo fu volto allo sviluppo della linea da battaglia della Marina Imperiale da guerra ,ritenuta di imprescindibile importanza per sostenere l'espansionismo nipponico.
Cacciatorpediniere,unità minori di scorta,dragamine,sommergibili................non rientravano ,se non in misura ridotta , nella dottrina d'impiego della Flotta da guerra,se non in diretta dipendenza di quest'ultima.
La Marina Mercantile ebbe a soffrire ugualmente di scarsa attenzione da parte degli  strateghi nonostante la pur evidente necessità di trasporti atti sia a garantire le importazioni di materie prime che al Giappone difettavano sia a garantire il rifornimento della linea del fronte così notevolmente lontano dalle basi nazionali.
In effetti, le navi commerciali , in ogni epoca e collocazione geografica , sono sempre state un "affare" strettamente privato che riguardava quasi esclusivamente armatori e società di navigazione . L'unica nazione a dotare la propria marina da guerra di unità specializzate da adibire al trasporto di truppe, rifornimenti , idrocarburi etc.. furono gli Stati Uniti.
Tutte le altre nazioni ,per necessità tattiche e strategiche, ricorsero tout court alle requisizioni di naviglio mercantile privato e in qualche caso,anche statale ove esistente.
Fra le tante cause del disastroso epilogo dell'avventura bellica giapponese va ascritta certamente la esiziale sottovalutazione del potenziale industriale del nemico.
"The battle fleet always came first" ,sancì irrefutabilmente uno dei tanti studi post bellici.
Da questa dottrina nacque una lunga serie di errori e di scelte imprevidenti.
S.E.  Morrison,noto storico statunitense della 2GM, citando Von Clausewitz e Mahan, giunse alla conclusione che l'obiettivo principale di un paese in guerra dovesse essere quello di distruggere la flotta avversaria. L'errore drammatico dei vertici della Marina Imperiale fu quello di cercare continuamente la "battaglia decisiva" sorvolando serenamente su ogni altro aspetto di una guerra navale moderna ,non ultimo la necessità di proteggere il proprio traffico marittimo . Il ricordo della battaglia di Tsushima,purtroppo, dominava ancora e largamente ,la mente dello Stato Maggiore della Marina Imperiale.
I vertici militari giapponesi,per tutta la durata del conflitto, continuarono a parlare di
"battaglia" e non di "guerra" , concetti del tutto diversi dal punto di vista strategico.
La falcidia del naviglio mercantile ,mai sufficientemente scortato e facile preda degli agguerriti sommergibili americani, fu la più immediata e inevitabile conseguenza di questa mancanza di strategie a lungo termine.
Una inutile quanto crudele ironia si poteva percepire dalle raccomandazioni dei comandanti dei distretti navali ai comandanti dei mercantili in partenza :
" Fate attenzione là fuori che ci sono i sommergibili . Siate prudenti" !!!!
Un ennesima prova di questa "cecità" era l'addestramento che ricevevano in Accademia le nuove leve di Ufficiali tutto centrato sul concetto di "attacco" senza mai considerare gli altri capitali aspetti di una guerra sul mare : il maggior peccato capitale fu quello di trascurare una adeguata dottrina di impiego dei sommergibili e di una efficace contromisura subacquea ,del resto scontata , tanto è vero che le linee interne di rifornimento giapponese furono letteralmente massacrate a differenza di quelle americane che godettero di una relativa tranquillità.
Alla fine della guerra,c'erano ancora in costruzione alcuni battelli di circa 5000 Tonn, dotati di 3 velivoli che avrebbero dovuto effettuare missioni di bombardamento su obiettivi costieri nord americani. Si trattava di  unità "mostruose" il cui progetto non teneva conto che una maggior superficie significasse una maggior esposizione alle onde dei sonar americani !

 

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Guglielmo Lepre (Etna)

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